Costruire un contratto di rete tra professionisti con il metodo Conscious Contracts®: l’esperienza di ARTE - Avvocatura in Rete per la Transizione Ecologica
È il marzo 2024: Alberto Muzzi, avvocato esperto in diritto di impresa e ambientale, contatta Lucia Vesentini, avvocata certificata Conscious Contracts®, perché ha letto su Linkedin del lavoro che in quel periodo stiamo facendo come avvocate certificate per sviluppare le applicazioni di tale metodo.
Alberto è interessato Conscious Contracts® perché vuole creare una forma di aggregazione di avvocatɘ espertɘ in CER (Comunità Energetiche Rinnovabili) e si sta interrogando su come questa aggregazione possa essere realizzata in modo consapevole ed effettivo, in altri termini, su come possa essere realmente partecipata.
La sua idea iniziale è quella di costituire un’associazione non riconosciuta.
A questo scopo, ha raccolto le disponibilità di una ventina di colleghɘ in tutta Italia e, dopo un breve incontro illustrativo con Lucia e me sulla nostra esperienza professionale con i Conscious Contracts®, ci chiede la disponibilità a facilitare la creazione dell’accordo aggregativo del gruppo e lo propone ai suoi componenti.
Con l’adesione di circa la metà deɘ avvocatɘ coinvoltɘ, inizia un percorso on-line di otto incontri da un’ora e mezza ciascuno, che si tengono tra aprile e settembre, facilitati da Lucia e me.
Il metodo Conscious Contracts® si rivela molto funzionale rispetto alla definizione dell’identità di questo gruppo: moltɘ deɘ avvocatɘ avvicinatɘ da Alberto non si conoscono e il lavoro di esplorazione su chi sia ciascunɘ individualmente e su chi vogliano essere tuttɘ insieme, di costruzione della vision e mission del gruppo e di individuazione e definizione dei valori comuni consente a ciascuno di scoprire sia gli altrɘ partecipantɘ che la propria posizione personale rispetto al progetto. Questa prima fase del percorso - in particolare l’attività sulla mission - ha anche il pregio di far emergere che nel gruppo vivono due diverse anime, di cui nessuno era inizialmente consapevole: quella volta alla divulgazione/sensibilizzazione sui temi della transizione ecologica e sullo sviluppo delle CER e quella più strettamente professionale, concentrata sulla condivisione di esperienze e materiali e sulla collaborazione su casi concreti.
Appaiono così molto chiaramente anche le corrispondenti disponibilità di attivazione di ciascunɘ rispetto alle due aree individuate.
In modo naturale, tale bipartizione si riflette poi sulla fase del percorso dedicata alla costruzione dell’accordo operativo e, soprattutto, alla riflessione sulla possibile forma giuridica dell’aggregazione.
Accanto all’originaria idea dell’associazione non riconosciuta vengono, infatti, proposte anche quella dell’associazione professionale (subito abbandonata in quanto troppo complessa e impegnativa), quella del contratto di rete tra professionisti e quella della “non-forma”.
Durante il percorso, l’avvocata Samantha Battiston, amministrativista esperta in CER e ricercatrice presso l’Università Milano-Bicocca, altra partecipante al percorso, offre un approfondimento verticale sul contratto di rete e un confronto fra le possibili opzioni individuate.
Lucia ed io assistiamo con interesse a come le riflessioni sulla forma giuridica aprano a più riprese spazi inediti di esplorazione di cosa ciascuno immagina fare e chiedano di tornare in più momenti sulla vision e sulla mission, per affinarle in funzione di come man mano evolve il pensiero del gruppo.
Trova terreno un ricca discussione fra ɘ partecipantɘ.
Si giunge a ipotizzare di creare due diversi soggetti che esprimano la doppia anima del gruppo: un’associazione per l’anima divulgativa e un contratto di rete per quella di attivazione più strettamente professionale.
Segue una spontanea fase di quiescenza, a valle della quale, nel mese di dicembre, Alberto ricontatta tuttɘ, prendendo atto che: 1) nonostante sostenuta da molti, l’associazione non riconosciuta è divenuta un’opzione sostanzialmente impraticabile in quanto non c’è un numero sufficiente di partecipantɘ interessatɘ a far parte del direttivo; 2) si conferma l’accantonamento della soluzione della non-forma che, ventilata da un piccolo sottogruppo, già durante gli ultimi incontri era stata oggetto delle resistenze del resto dei partecipanti; 3) sono in sostanza rimasti quattro/cinque colleghi concretamente determinati a creare un contratto di rete, fra cui anche Carla Broccardo, avvocata e futurista.
Si procede, quindi, in questo ultimo senso.
Nella costruzione di questo specifico progetto, il metodo Conscious Contracts® ha avuto più di un merito.
Da un lato, ha permesso e accompagnato l’emersione e la creazione dal nulla di un gruppo del tutto nuovo con una propria autentica visione, che se fosse stato composto a tavolino probabilmente non avrebbe avuto occasione, quantomeno non sin dall’inizio, di svilupparsi con questa profondità, complessità e chiarezza di intenti.
Da un altro, lato, la progressiva definizione della storia e della geografia del gruppo sin qui descritte hanno determinato nel tempo la parallela rinuncia di alcunɘ avvocatɘ al percorso, ciò garantendo la permanenza deɘ solɘ partecipantɘ realmente interessatɘ e nella condizione di mettere a disposizione tempo e lavoro.
In un’affascinante progressione maieutica, Conscious Contracts® ha, inoltre, permesso di capire quale fosse la forma più adatta a preservare il cuore caldo, la specifica impronta, dell’incontro di questo gruppo di professionistɘ e, prima ancora, di persone.
Infine, lo strumento si è ben sposato con l’istituto del contratto di rete, valorizzandone e potenziandone la flessibilità. La rete-contratto pura, scelta come forme aggregativa del gruppo, priva di soggettività giuridica distinta rispetto aɘ professionistɘ partecipantɘ, pensata per mettere insieme più liberɘ professionistɘ perché possano rendere l’attività di consulenza propria della loro professione, ha ben rispecchiato i bisogni di leggerezza e libertà nella capacità operativa emersi in modo potente durante il percorso.
L’essenzialità e l’informalità della struttura del contratto di rete (che non prevede elementi tipici) ha, inoltre, consentito l’ingresso nel relativo testo di tutti i contenuti sviluppati daɘ partecipantɘ con il Conscious Contract, riempiendo di senso i relativi spazi con la sintesi dei perché e dei come dei retisti, in tal modo, scongiurando il rischio che una struttura così semplice finisca per essere la scatola vuota di un mero strumento commerciale.
Una sfumatura decisiva, soprattutto se, come è, l’obiettivo di questo gruppo di avvocatɘ è quello di lavorare in ottica trasformativa per divenire professionistɘ changemaker, sia nel modo di essere avvocatɘ, sia nella scelta di esserlo per le CER e, quindi, per la transizione ecologica.
Federica Amici
con un ringraziamento speciale a Lucia Vesentini, che ha condiviso con me l’esperienza qui narrata (e ne condivide molte altre…)